Via degli Dei, via degli uomini

30 Maggio 2019

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Eccoci qua.

Da sinistra: Martina, Nicole, Martina, Mark, Alessia, io, Giacomo, Luisa, Emanuel.
E Stefania, qui assente.
Fino a 5 giorni prima, nessuna (o quasi) delle persone sedute a questo tavolo si conosceva. Eppure ora siamo qui, a cena alla pizzeria “Il baffo” di San Piero A Sieve, al penultimo giorno di cammino.
I diversi giri di birra non servirebbero nemmeno: siamo già aperti alle confidenze, con uno spirito di comunione che solo una esperienza del genere può regalare. E’ deciso: dopo la Via, se dovessimo perderci di vista, dovremo ritrovarci tutti ai rispettivi matrimoni, se e quando avverranno. E adesso a turno, ognuno di noi deve raccontare l’esperienza amorosa che più lo ha segnato. Inizia Mark.

Mark è un tedesco che parla italiano con l’accento spagnolo. Questo perché ha imparato quest’ultimo prima dell’italiano e gli viene automatico associare le due lingue romanze, anche per aiutarsi.
   – L’altro giorno, Stefania per scherzare mi ha chiesto in tedesco di sposarla…. beh, era la mia terza proposta di matrimonio! – esclama, ridendosela. E diventa ancora più rosso.
Mark è un ragazzone, il più grande della compagnia. La sua storia è vera e tragicomica, ma ci racconta tutto questo con un sorrisone sulla faccia che esplode d’infanzia sulle guance rossastre. Partito dalla Germania, continuerà il suo viaggio a Roma, per poi intraprendere la Via Franchigena. La Via degli Dei è praticamente un riscaldamento per lui.

 

Ma che cos’è questa Via degli Dei?

Per chi ancora non la conoscesse, la Via degli Dei è un cammino che si snoda attraverso l’appennino tosco-emiliano e che, sulla falsariga degli antichi sentieri romani ed etruschi, collega Bologna a Firenze. E’ stato definito il cammino di Santiago italiano; non so se trovarmi d’accordo o meno con questa definizione. Rimanderò il verdetto una volta che avrò compiuto anch’io il sentiero più famoso d’Europa. Tuttavia, la Via degli Dei è un ottimo compromesso per chi ancora non vuole azzardarsi a valicare i Pirenei.

Ma torniamo alle nostre confessioni:  è il turno di Emanuel. Emanuel è ragazzo alto e occhialuto, che definirei “molto zen”. Ci racconta di come lui abbia una specie di dono, o condanna, a seconda dei punti di vista: è inseducibile.
– Vi giuro, ragazzi. Io posso stare abbracciato nel letto assieme ad una donna, riuscendo per tutta la notte a non provarci minimamente. Cioè, è anche un invito questo… se stanotte volete provare a sedurmi, beh, vi aspetto e in bocca al lupo!
Emanuel è un ragazzo in gamba, con stili di vita particolari in mente. Pochi giorni fa ci ha sorpreso tutti, mandandoci un messaggio sul nostro gruppo di Whatsapp: si sposa, e siamo tutti invitati. Che dire: complimenti alla sua futura sposa! E’ riuscita a sedurlo.

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Partire da solo, trovare una famiglia.

Riguardando le foto fatte durante la Via degli Dei, mi soffermo a lungo su quella scattata in pizzeria a San Piero. Abbiamo occupato una tavolata lunga con persone che fino a 4 giorni prima nemmeno si conoscevano, e che da quattro giorni  fanno tutto assieme: ci si aspetta se qualcuno rimane indietro, si va a dormire solo nelle locande che hanno posto per tutti. Si ride e si conversa come se si fosse amici da una vita, con una naturalezza che commuove e che può nascere solo in questi contesti.
E pensare che sono partito con l’intenzione di concludere il cammino da solo, con un cellulare per fare qualche video (potete vederli qui), uno zaino e un bastone con dei bracciali legati sopra, a mo di totem. Il primo giorno lo passo infatti completamente da solo. Il tratto è composto prevalentemente da territori pianeggianti, a patto che si sopravviva alla prima grande scalata della Via: il porticato di San Luca. 666 arcate (numero non casuale), 489 scalini, 4km in salita. Arrivato in cima, incontro Giacomo, Luisa e Emanuel. Faccio loro qualche domanda e poi riparto: li rivedrò più avanti. Si scende ora il fianco di Colle della Guardia  fino a raggiungere il fiume Reno, dopodichè si seguono i suoi sentieri. Prima di entrare a Sasso marconi, una piccola deviazione mi permette di vedere il Ponte di Vizzano. La solitudine si fa sentire un po’ durante la prima notte; poi, alla fine del secondo giorno, quando allo stremo delle forze riesco a raggiungere Madonna dei Fornelli, eccoli qua: quei tre ragazzi con cui avevo parlato a San Luca, sono seduti fuori a riposarsi e a chiaccherare con altri pellegrini.
E’ grande festa, dopo tutta la fatica di quel giorno, rivedere le loro facce. Da lì non ci siamo mai separati. E forse è un bene, perché nel giorno appena trascorso ho perso la strada due volte, ritrovandomi a camminare per dei lunghi tornanti asfaltati anziché per il suggestivo paesaggio di Monte Galletto, punteggiato dalle pale eoliche. Fortunatamente, ebbi occasione di ammirarlo con Elena, pochi mesi dopo, quando ripercorsi il cammino. Fu grazie a lei che non sbagliai strada per la seconda volta, nello stesso punto.

A Madonna dei Fornelli, ceniamo tutti allo stesso tavolone e l’indomani ripartiamo tutti assieme. Durante la mattinata, faccio gruppo con Martina e la sua amica Stefania. Toscane entrambe, sono ben felice di fare due chiacchiere con chi pronuncia alla Dante. Anche se ormai non sono le sole a parlare fiorentino: fino a Madonna dei Fornelli, infatti, la parlata è essenzialmente emiliana, tant’è che, essendo romagnolo, non percepisco nemmeno l’accento. Appena superato il passo della Futa, a nemmeno a pochi metri dal confine, la gorgia toscana e le deaffricate dilagano fra le parole dei locandieri e dei passanti.

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Durante il suo turno confessioni a San Piero, Martina ci racconta di un rapporto un po’ difficile col suo migliore amico, un amicizia molto profonda e che tende talvolta a sfociare in qualcosa di più. Per lei è un rapporto un po’ problematico. Tuttavia io invece penso che un legame così intenso, anche se un po’ in bilico, sia qualcosa di lodevole negli anni delle relazioni umane effimere. Le scriverò questo pensiero, un mese dopo, in una cartolina. Con mio grande piacere, mi risponderà dicendo che quelle parole le avevano fatto vedere le cose in maniera un po’ diversa.
  Stefania, la sua amica, sarà costretta ad abbandonarci prima della cena in pizzeria, ed è quindi esonerata dalle confessioni. Casa sua è poco distante da San Piero, e ci saluta promettendoci di venirci a trovare a Fiesole non appena arriveremo. Ragazza tosta, Stefania, con la passione per la boxe e per gli alieni; la salutai con affetto, non sapendo ancora se mi sarei trattenuto  l’indomani a Fiesole.
Per ora però è qui con con noi, e assieme raggiungiamo Martina e Nicole: sono alle prese con delle ciabatte non proprio adatte per il tratto di strada che si sta percorrendo, tuttavia esse si rivelano necessarie viste le condizione dei piedi di quest’ultima. Di Nicole non ricordo che storia d’amore avesse raccontato durante le confessioni in pizzeria, tuttavia ho bene in mente una storiella che ci ha raccontato poco più tardi. Il ragazzo con cui era fidanzata da appena adolescente, era venuto, dieci anni dopo, sotto casa sua per festeggiare il loro decimo anniversario. Nonostante si fossero lasciati da più di un lustro.
Con lei c’è Martina, ragazza del nord che fra ciclismo, scalate, camminate ed escursioni sulle Alpi, conosce più di tutti noi il linguaggio delle montagne, e qui sugli Appennini si trova a suo agio come sulle Alpi.

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Il gruppo, smembrato durante la partenza, si riunisce nei pressi dei resti della Flaminia Militare, l’antica strada romana; sembrebbe essere stata costruita per volere del console Flaminio, nel 187 a.C., dopo aver sconfitto i Liguri insediati sull’Appennino toscoemiliano. La strada collegava Bologna ad Arezzo; scomparsa per l’incuria e l’inutilizzo, si è preservata solamente laddove le sedimentazioni l’hanno tenuta coperta sino al suo ritrovamento. Non molto distanti, si possono vedere anche i resti di una cava e di un forno fusorio, sempre di epoca romana.
Si continua oltrepassando una vallata enorme che il cielo nuvoloso rende ancora più suggestiva. Mentre camminiamo, Luisa accompagna la marcia cantando. E’ in Italia per poco tempo: vive e lavora in Egitto, e con la musica è molto brava. Avremo l’occasione di ascoltarla meglio a Fiesole, quando in una piccola enoteca deserta, un folkloristico settantenne le lascerà il palco; non prima di averci anche lui intrattenuto con le sue chiacchere e qualche canzone sgangherata, si intende. E’ il Johnny Cash fiesolano. E un tantino “meno studiato”.

Dopo un paio d’ore, si giunge al Cimitero militare germanico della Futa, il più grande fra i cimiteri tedeschi costruiti in Italia. Si sviluppa concentricamente atturno ad struttura monumentale che ricorda una lama piantata nel terreno, una scheggia. Mark mi chiede cosa significa questa parola, ed io mi sorprendo della fatica che faccio a trovare una definizione esaustiva per una parola così semplice. Il monumento però è eloquente: vuole essere una lama, una ferita piantata nel terreno, esattamente come la guerra lo è stata per l’umanità.
Uscendo, Mark non si fa problemi a sputare sulle tombe dei soldati della seconda Guerra Mondiale. Non so che pensare di quel gesto, quasi sacrilego a prima vista: tuttavia ci racconta del perché, del suo odio verso ogni forma di nazi-fascismo e della situazione politica dell’attuale Germania. Ma tutti quei soldati lì sepolti rappresentano davvero quella ideologia, o ne sono anche loro vittime? Dal racconto di Mark della situazione politica tedesca, tuttavia, non posso fare a meno che trovare certe analogie con la realtà del nostro paese. E, attraverso le parole di Mark, mi sembra di vedere la Germania come uno stato molto meno lontano dal nostro, più fratello di quanto siamo soliti dipingerlo nel nostro immaginario.

Neanche un’ora dopo arriviamo al camping Il Sergente, dove passiamo la notte, chi in tenda, chi sulle brande. L’indomani, dopo una notte tempestosa, inizia la tappa più boschiva della Via. Percorriamo questi sentieri affiancati dai rombi dei motori del Mugello fino a quando non arriviamo ai confini di Sant’Agata, un meraviglioso borgo in provincia di Firenze. Parte del gruppo si è sdraiato sotto un albero appena fuori dal paese: fra di loro c’è anche Giacomo, il primo ad essere arrivato.

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“Sono sposato con la terra”

Fra le tante cose dirà Giacomo al suo “turno confessioni”, sarà questa frase che mi rimarrà impressa. Giacomo è di Ferrara, ha già fatto la Via degli Dei e anche il Cammino di Santiago. Gira per il mondo, lavora per il mondo. Qualche ora prima ci ha raccontato qualcosa del Cammino di Santiago, di una mattina in cui era arrabbiato col mondo e dell’aiuto prestato ad una anziana infortunata durante il pellegrinaggio. Ci ha mostrato il suo diario di viaggio, pieno di inchiostro e di disegni stupendi che osservai con stupore e invidia. Di Giacomo mi ricordo una conversazione sul cristianesimo avuta mentre, usciti dall’ultimo sentiero, ci stavamo avvicinando a Fiesole, sul finire dell’ultimo giorno di marcia. Una bella scarpinata, quella, che vide come sosta il Convento di Monte Senario; pausa rinfrancante, vista la disponibilità a buon mercato di panini e di liquore di Abete presso il bar del convento.

Quando arriva anche per me il turno delle confessioni, parlo di una fidanzata che amo tantissimo, con tutte le forze e con tutta la sicurezza che ne deriva. Parlo di progetti chiari, convivenze, lavoro, matrimonio. Mi guardano quasi sorpresi da questa sicurezza e mi sorridono. E mi sorrido anche io adesso, mentre scrivo, consapevole del fatto che a quel tempo non avevo fatto i conti con il fatto che i progetti cambiano, cambiano sempre.

 

Una volta non basta mai

Nemmeno ad un anno di distanza, infatti, la ragazza di cui parlavo con tanto trasporto mi lascia. Tuttavia, sua sorella Elena, rimane mia amica. Ed è proprio con lei che ripeto il cammino una seconda volta.
– Mulaz, io comincio a riconoscere di avere sottovalutato il cammino… – mi dice, col fiatone, neanche a metà della prima scarpinata in salita. Io e Elena siamo partiti da Sasso Marconi, non da Bologna, con l’intento di finire la via nel minor tempo possibile per via degli esami all’università.
   – Guarda che in tre giorni, partendo anche da qua, vuol dire farsi una bella tirata…
– Ma sì, dai, ce la faccio! – continua a ripetermi, prima e durante la Via. Tuttavia la fatica si fa già sentire ai prati di Mugnano, una bellissima aree collinare da cui si sgorge molto bene, in lontananza, San Luca. Chi inizia laggiù può ben valutare da qui la strada fatta.IMG_20180430_124825.jpg

Elena è già stanca, però non ci pensa neanche un attimo ad arrendersi. E’ fatta così. Spessa fino alle ossa. Se le difficoltà non riesce a superarle per la propria forza d’animo, allora le supera per testardaggine e orgoglio. E succede proprio così: alla prima giornata, copriamo la distanza da Sasso Marconi a Madonna dei Fornelli. Il secondo giorno, arriviamo a Sant’Agata. Il terzo, giungiamo a Fiesole e quasi non mi rendo conto di essere arrivato prima di sera. Complice il cielo coperto che da 8 ore mi fa perdere la concezione del tempo.
– Sei una leonessa, Ele! – le grido, abbracciandola, quando tre ore dopo la saluto alla stazione di Bologna, appena scesi dal treno di ritorno. Ed è proprio così, Elena è una leonessa proprio come la sua gemella. Non parliamo di lei durante il cammino, anche se è poco che ci siamo lasciati. Io un po’ per far credere a Elena che mi è già passato e lei non tocca l’argomento perchè, per quanto possa essere dalla mia parte, è pur sempre sua sorella, e si trova in una posizione scomoda. La capisco, e la ringrazio. Dicono che per risolvere i dolori bisogna parlarne, ma anche il tacito accordo di non farne parola, a quel tempo, fu un regalo che aveva il suo fascino. Non ho visto più Elena, dopo quel viaggio. Ci siamo scritti per un po’, organizzando un pranzo che non si è mai realizzato. Sparite entrambe le sorelle. E forse è giusto così.

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Non ho ancora avuto l’occasione di rivedere nemmeno i miei compagni di viaggio, per ora. Solo
Alessia ho reincontrato, studentessa come me a Bologna. Alla prima occasione, ci beccammo per un caffè. E’ stato con lei che ho concluso il cammino: mentre tutti si erano fermati a Fiesole per passare la notte, io e Alessia avevamo deciso di raggiungere Firenze a piedi in piena notte,  per prendere il treno delle 5 di mattina.

Fra terra e cielo, sono sia terra che cielo.
-Biglietto trovato in cima al Monte Adone

 

Perché raccontare adesso?

Questo articolo è stato scritto diversi mesi dopo il mio primo e secondo viaggio per la Via degli Dei. Le emozioni, intensissime all’epoca, si sono ormai sedimentatte. Questo è un articolo che volevo scrivere già a quel tempo, ma che per un motivo e per un altro, ho concluso solo ora. Se lo avessi scritto allora sarebbe stato molto diverso. Proprio adesso, però, che mi appresto a ripetere questo cammino per la terza volta, comprendo quante cose siano cambiate nel corso di soli due anni.
Le persone fanno il cammino, qualunque esso sia. E le persone cambiano. Invece il cammino, per quanto possano cambiare i sentieri, è sempre lì. E’sempre lui. Ci chiama approfittandosi della nostra nostalgia, della nostra voglia di “fatica buona”, di lontananza, di “voglia di colli negli occhi”. Di sudore e di terra sulla pelle.

Mi rendo conto di avere parlato più delle persone che del cammino stesso. Potrei correggermi e descrivere di più questo meraviglioso patrimonio italiano fatto sentiero, ma forse è giusto lasciare questo racconto così com’è. Martina, Nicole, Martina, Mark, Alessia, Giacomo, Luisa, Stefania e poi Elena e poi Alice, se e quando ripartirò: sono state le persone con cui ho interagito, a creare il cammino. La Via degli Dei ha fatto solamente da meraviglioso scenario.

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Camping Il Sergente, 16 Settembre 2017

 

2 comments

  1. Ciao Mulaz,
    Cosa dire, io leggo solo adesso tutto questo
    Ho goffamente scritto sulla barra ricerca di Google
    “Roberto Mulazzani Facebook” per provare a spiare un pò della tua vita, vedere come stavi..
    Ti ho pensato spesso e ho pensato spesso alla nostra camminata (forse una delle poche cose “importanti” che reputo di aver fatto)
    Questo:
    “Sparite entrambe le sorelle. E forse è giusto così”
    Farò finta di ignorarlo
    Non ho scuse buone dalla mia parte
    Avrei voglia di vederti, di organizzare quel pranzo mai organizzato e di parlare un pò

    (spero) a presto!

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    1. Ciao Elena,
      non sai che piacere mi ha fatto ricevere questo tuo commento! Pensa che proprio ieri stavo rileggendo l’articolo.
      Non devi scusarti, in fondo nemmeno io mi sono fatto mai sentire. Rimediamo, scrivimi: 3711716019.

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